Cooperazione internazionale

Da oltreilgiardino.
Versione del 7 set 2022 alle 10:17 di Utente1 (discussione | contributi) (Created page with "L’iniziativa dell’equipe basagliana a Trieste si propone da subito come esperienza di riferimento nello scenario pubblico, non solo a livello locale e italiano ma anche in...")
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)
Jump to navigation Jump to search

L’iniziativa dell’equipe basagliana a Trieste si propone da subito come esperienza di riferimento nello scenario pubblico, non solo a livello locale e italiano ma anche internazionale, in quanto per la prima volta afferma una necessità di superare integralmente l’Ospedale Psichiatrico e a costituire sistemi integrati di cura nel territorio.

Negli anni Settanta, in particolar modo, la cooperazione si sviluppa con Germania, Francia, Belgio, Spagna, Finlandia. La cooperazione si amplia poi anche all’America Latina. L’esperienza triestina, assieme a quella di città come Londra e Lille, viene indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come area di riferimento per lo studio dei servizi di salute mentale e, dal 1986, il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste è riconosciuto quale Centro Collaboratore dell’OMS di Copenaghen per le attività di ricerca e formazione, per guidare i Paesi nei percorsi di deistituzionalizzazione, per promuovere un approccio moderno allo sviluppo della salute mentale attraverso reti internazionali basate sui diritti umani e sulle buone pratiche orientate alla recovery, come pure per individuare gli interventi per una migliore integrazione dei Servizi di Salute Mentale con le cure primarie e sul territorio.

Tra gli altri, un momento di affermazione di Trieste come esperienza riconosciuta a livello internazionale ha coinciso con il progetto europeo di chiusura del manicomio di Leros in Grecia - che ha poi portato a interventi istituzionali in Paesi dell’ex-Jugoslavia nel periodo post bellico, ad esempio a Pristina in Kosovo e a Valona in Albania. Nel 1988, lo scandalo di Leros ha portato alla luce il lager psichiatrico sulla piccola isola del Dodecaneso in cui erano internate mille e cinquecento persone, oltre a un centinaio di bambini, ammassati nelle vecchie caserme della Marina Militare italiana. Il lungo lavoro di un’equipe composta da molteplici figure e grande umanità porta nei primi anni Novanta alla chiusura dei padiglioni più complessi, ma mai alla chiusura definitiva dell’Ospedale.

«Bisogna entrare ovunque, riparlare di tutto: dalla Grecia all’Inghilterra. Intervenire come cittadini dell’Europa a Leros e decidere che Europa vogliamo: mai più un lager. Ancora una volta, non poter dire che non si sapeva» (“Lettera per Leros”, 1992, scritta da Franco Rotelli e firmata anche da Augusto Pirella e Mario Tommasini).

A metà degli anni Novanta, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) organizza a Caracas una conferenza per la chiusura di tutti gli Ospedali Psichiatrici nei paesi latinoamericani. In quegli anni il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste si impegna soprattutto in Brasile, Argentina e nella Repubblica Dominicana, accompagnando grandi sperimentazioni e, nel caso dominicano, la chiusura dell’ospedale psichiatrico del Paese.

Oggi i circuiti della salute mentale di Trieste sono attraversati  da delegazioni istituzionali, organizzazioni non governative, associazioni e cittadini come punto di riferimento per chiunque intenda operare per la salute mentale e nelle comunità. Dal 2012 al 2020 hanno visitato il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste 4650 persone provenienti dall’Italia e da 44 paesi del resto del mondo: Albania, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Bosnia, Brasile, Bulgaria, Canada, Cina, Croazia, Danimarca, Ecuador, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Giordania, Giappone, Grecia, India, Kurdistan, Iran, Malesia, Malta, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Palestina, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Sud Corea, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria, USA.