Habitat sociale
Con il termine “habitat sociale” l’ingegnere Antonio Villas intende un modo innovativo di concepire l’architettura e la progettazione degli spazi. Secondo Antonio Villas i luoghi pubblici come le scuole, gli ospedali, i centri di salute mentale, così come vengono perlopiù progettati e arredati, sono “anti-luoghi”, cioè luoghi dove vengono negati i bisogni più elementari di chi li frequenta, soprattutto i bisogni di relazioni e socialità.
Le scuole e gli asili sono edifici grigi, scatole-bunker chiuse al mondo, proprio dove i bambini dovrebbero apprendere la vita. Gli ospedali sono fortezze tecnologiche che aumentano il senso di insicurezza, la preoccupazione e la paura di chi sta male e di chi se ne occupa.
Le fabbriche e gli uffici sono laboratori di tristezza che parlano di coercizione e inutilità di un fare dequalificato. I palazzi sono labirinti senza inizio e senza fine, nei quali non è possibile riconoscere nemmeno l’ingresso.
Sono tutti “anti-luoghi” ovvero luoghi dove non vengono riconosciute le esigenze minime del vivere insieme, quali il decoro e il comfort, dove la relazione tra spazi e persone, la possibilità di comunicare con segni e colori, di creare sensazioni e stimoli, di indurre reazioni e comportamenti, di innescare trasformazioni, viene azzerata o espressa solo al negativo. Luoghi contro le persone, monumenti autoreferenziali.
Al contrario, secondo Antonio Villas i luoghi pubblici devono essere non semplici contenitori, ma luoghi di incontro e socialità. Si tratta quindi di re-immaginarli o immaginarli diversamente, in modo da venire incontro ai bisogni e alle aspettative delle persone.
A Trieste Antonio Villas ha curato la ristrutturazione del Centro di Salute Mentale “La Maddalena”, del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura all’interno dell’Ospedale Maggiore, del Centro Donna “2000” e del Distretto di Valmaura.