Differenze tra le versioni di "La storia di Leros"
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La ricostruzione della storia di Leros mette in luce una lunga tradizione concentrazionaria dell’isola, basata sulla deportazione sistematica non solo di malati di mente, ma anche di bambini e prigionieri politici. | La ricostruzione della storia di Leros mette in luce una lunga tradizione concentrazionaria dell’isola, basata sulla deportazione sistematica non solo di malati di mente, ma anche di bambini e prigionieri politici. | ||
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Le inchieste effettuate mettono alla luce una realtà orribile per il tipo di strutture utilizzate, le loro condizioni e il trattamento dei lungodegenti. | Le inchieste effettuate mettono alla luce una realtà orribile per il tipo di strutture utilizzate, le loro condizioni e il trattamento dei lungodegenti. | ||
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− | “Non si può entrare nelle fabbriche, non si può entrare nelle prigioni, negli istituti, negli ospedali, nei luoghi di lavoro. Bisogna entrare ovunque, riparlare di tutto: dalla Grecia all’Inghilterra. Intervenire come cittadini dell’Europa a Leros e decidere che Europa vogliamo: mai più un lager. Ancora una volta, non poter dire non si sapeva” (dalla “Lettera per Leros”, 1992, scritta da | + | Oggi, dopo la chiusura del manicomio avvenuta anche grazie alla partecipazione delle équipe del DSM di Trieste, Leros rimane il simbolo di ciò che l’istituzione manicomiale è stata: luogo di negazione dei diritti civili, del mandato clinico della psichiatria e dei valori della democrazia. |
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+ | “Non si può entrare nelle fabbriche, non si può entrare nelle prigioni, negli istituti, negli ospedali, nei luoghi di lavoro. Bisogna entrare ovunque, riparlare di tutto: dalla Grecia all’Inghilterra. Intervenire come cittadini dell’Europa a Leros e decidere che Europa vogliamo: mai più un lager. Ancora una volta, non poter dire non si sapeva” (dalla “Lettera per Leros”, 1992, scritta da Franco Rotelli e firmata anche da A. Pirella e M. Tommasini). | ||
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Versione attuale delle 11:13, 25 ott 2023
Nel 1988 un reportage della BBC e alcuni articoli di settimanali e quotidiani inglesi impongono all’attenzione della comunità internazionale lo “scandalo di Leros”: la scoperta, in un’isola greca del Dodecaneso, di quello che sembrava essere l’ultimo lager psichiatrico della nascente Unione Europea. In effetti le immagini che allora circolarono erano sconvolgenti per la loro brutalità: mille e cinquecento fra uomini e donne, oltre a un centinaio di bambini, ammassati nelle vecchie caserme della Marina Militare italiana che a partire dal 1912 aveva installato a Leros il suo quartier generale.
La ricostruzione della storia di Leros mette in luce una lunga tradizione concentrazionaria dell’isola, basata sulla deportazione sistematica non solo di malati di mente, ma anche di bambini e prigionieri politici.
Le inchieste effettuate mettono alla luce una realtà orribile per il tipo di strutture utilizzate, le loro condizioni e il trattamento dei lungodegenti.
Oggi, dopo la chiusura del manicomio avvenuta anche grazie alla partecipazione delle équipe del DSM di Trieste, Leros rimane il simbolo di ciò che l’istituzione manicomiale è stata: luogo di negazione dei diritti civili, del mandato clinico della psichiatria e dei valori della democrazia.
“Non si può entrare nelle fabbriche, non si può entrare nelle prigioni, negli istituti, negli ospedali, nei luoghi di lavoro. Bisogna entrare ovunque, riparlare di tutto: dalla Grecia all’Inghilterra. Intervenire come cittadini dell’Europa a Leros e decidere che Europa vogliamo: mai più un lager. Ancora una volta, non poter dire non si sapeva” (dalla “Lettera per Leros”, 1992, scritta da Franco Rotelli e firmata anche da A. Pirella e M. Tommasini).
Bibliografia
Antonella Pizzamiglio, Leros Il mio Viaggio, Arte-studio-Arte edizioni
Alex Majoli, Leros, West Zone edizioni
Todoros Megaleconomu, Leros, edizioni Arga