Differenze tra le versioni di "Le buone pratiche in salute mentale"
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− | + | L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stabilisce il ruolo essenziale della salute mentale per la realizzazione sociale dell’individuo e del suo stato di salute complessivo. | |
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− | + | I disturbi mentali, già oggi una delle principali fonti di sofferenza e disabilità nel mondo, sono in progressivo aumento e richiedono oggigiorno un approccio multidisciplinare che affianchi alla ricerca clinica l’indagine sui fattori psicosociali che concorrono alla vulnerabilità e alla capacità di un individuo di far fronte a tali patologie. | |
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+ | In questo senso si parla oggi di “buone pratiche” con particolare attenzione alle fasi di particolare criticità come quelle perinatali, infantili, adolescenziali e senescenti. | ||
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+ | Le “buone pratiche” sono volte a sostenere condizioni favorevoli alla salute mentale e aumentare la resilienza, inserendo il tema della salute mentale in tutte le politiche, promuovere il benessere psichico e prevenire i disturbi mentali, migliorare l'accesso tempestivo ed equo a servizi di salute mentale di alta qualità, tutelare i diritti, rafforzare l'inclusione sociale e combattere la stigmatizzazione associata ai problemi di salute mentale. | ||
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+ | Vengono studiate le interazioni tra fattori biologici, comportamentali, sociali e ambientali sia nella genesi, sia nella protezione dei disturbi mentali avvalendosi di modelli sperimentali, studi clinici, e popolazioni seguite nel tempo (per identificare i fattori di rischio di sviluppare un disturbo mentale). |
Versione attuale delle 10:05, 23 ott 2023
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stabilisce il ruolo essenziale della salute mentale per la realizzazione sociale dell’individuo e del suo stato di salute complessivo.
I disturbi mentali, già oggi una delle principali fonti di sofferenza e disabilità nel mondo, sono in progressivo aumento e richiedono oggigiorno un approccio multidisciplinare che affianchi alla ricerca clinica l’indagine sui fattori psicosociali che concorrono alla vulnerabilità e alla capacità di un individuo di far fronte a tali patologie.
In questo senso si parla oggi di “buone pratiche” con particolare attenzione alle fasi di particolare criticità come quelle perinatali, infantili, adolescenziali e senescenti.
Le “buone pratiche” sono volte a sostenere condizioni favorevoli alla salute mentale e aumentare la resilienza, inserendo il tema della salute mentale in tutte le politiche, promuovere il benessere psichico e prevenire i disturbi mentali, migliorare l'accesso tempestivo ed equo a servizi di salute mentale di alta qualità, tutelare i diritti, rafforzare l'inclusione sociale e combattere la stigmatizzazione associata ai problemi di salute mentale.
Vengono studiate le interazioni tra fattori biologici, comportamentali, sociali e ambientali sia nella genesi, sia nella protezione dei disturbi mentali avvalendosi di modelli sperimentali, studi clinici, e popolazioni seguite nel tempo (per identificare i fattori di rischio di sviluppare un disturbo mentale).