Differenze tra le versioni di "Franco Basaglia"

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Nel 1961 Franco Basaglia diviene direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia incontrando una realtà di degrado e violenza che gli ricordava l’esperienza del carcere e che decide di non accettare. Fin dai primi giorni Basaglia rifiuta i protocolli tradizionali del suo incarico di direttore, in particolar modo quelli relativi all’uso della contenzione fisica: celebre è il gesto di non firmare, come per prassi avrebbe invece dovuto fare, l’autenticazione della contenzione dei pazienti, con la frase in dialetto veneziano “mi non firmo”. Basaglia e la sua équipe si impegnano a superare i metodi manicomiali con modi radicalmente più liberi e umani di organizzazione e comunicazione all’interno dell’ospedale psichiatrico. In particolar modo Basaglia è un lettore dello psichiatra scozzese Maxwell Jones e si ispira alla sua esperienza di “comunità terapeutica”. L’impostazione di Basaglia è però molto più radicale in quanto egli non ritiene sufficiente umanizzare l’ospedale psichiatrico, che secondo lui andava del tutto superato. In questo senso il suo obiettivo era restituire i degenti alle proprie famiglie e alla città riconoscendo ad essi i diritti civili e sociali negati dal manicomio.  
 
Nel 1961 Franco Basaglia diviene direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia incontrando una realtà di degrado e violenza che gli ricordava l’esperienza del carcere e che decide di non accettare. Fin dai primi giorni Basaglia rifiuta i protocolli tradizionali del suo incarico di direttore, in particolar modo quelli relativi all’uso della contenzione fisica: celebre è il gesto di non firmare, come per prassi avrebbe invece dovuto fare, l’autenticazione della contenzione dei pazienti, con la frase in dialetto veneziano “mi non firmo”. Basaglia e la sua équipe si impegnano a superare i metodi manicomiali con modi radicalmente più liberi e umani di organizzazione e comunicazione all’interno dell’ospedale psichiatrico. In particolar modo Basaglia è un lettore dello psichiatra scozzese Maxwell Jones e si ispira alla sua esperienza di “comunità terapeutica”. L’impostazione di Basaglia è però molto più radicale in quanto egli non ritiene sufficiente umanizzare l’ospedale psichiatrico, che secondo lui andava del tutto superato. In questo senso il suo obiettivo era restituire i degenti alle proprie famiglie e alla città riconoscendo ad essi i diritti civili e sociali negati dal manicomio.  
  
Nel 1967 cura il volume "Che cos’è la psichiatria?", un resoconto sulla situazione psichiatrica italiana, e l’anno dopo L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, che fa conoscere a livello internazionale l’esperienza di Gorizia diventando un libro simbolo della contestazione in Italia. Nel 1969 si reca negli Stati Uniti, invitato in qualità di visiting professor, per un periodo di sei mesi, dal Community Mental Health Center del Maimonides Hospital di Brooklyn, a New York. In quello stesso anno cura, con Franca Ongaro, Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin; scrive inoltre l’introduzione all’edizione italiana di [[Asilo|Asylums]] di Erving Goffman e di Ideologia e pratica della psichiatria sociale di Maxwell Jones. Al ritorno dagli Stati Uniti Basaglia decide di rigettare l’incarico a Gorizia in quanto egli intendeva  superare radicalmente il modello inglese, aprire i servizi sul territorio, e chiudere il manicomio, ma la sua proposta non era accolta dalla città. Basaglia successivamente dirige l'[[Ospedale Psichiatrico di Colorno]], in provincia di Parma, dal 1970 al 1971, chiamato da, e in collaborazione con, Mario Tommasini. Nel 1971 esce La maggioranza deviante. L’ideologia del controllo sociale totale, curato con Franca Ongaro. Anche a Parma tuttavia le difficoltà non mancano, soprattutto a causa dell’amministrazione della Provincia, che, se pure di sinistra, non sostiene Basaglia. Nel 1971 viene chiamato a Trieste dal Presidente della Provincia, il democristiano [[Michele Zanetti]], a dirigere l’Ospedale Psichiatrico con la libertà di compiere tutte le scelte che egli ritenga più opportune. Da subito Zanetti e Basaglia si trovano d’accordo: è proprio a Trieste di conseguenza che Basaglia riuscirà a portare a termine il suo progetto di superare il manicomio aprendo i servizi sul territorio. Basaglia costruisce un’[[Equipe basagliana|équipe]] di giovani collaboratori, spesso inesperti ed alle prime armi, cosa che per lui era un valore, in quanto non omologati alla psichiatria tradizionale.  
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Nel 1967 cura il volume "Che cos’è la psichiatria?", un resoconto sulla situazione psichiatrica italiana, e l’anno dopo L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, che fa conoscere a livello internazionale l’esperienza di Gorizia diventando un libro simbolo della contestazione in Italia. Nel 1969 si reca negli Stati Uniti, invitato in qualità di visiting professor, per un periodo di sei mesi, dal Community Mental Health Center del Maimonides Hospital di Brooklyn, a New York. In quello stesso anno cura, con Franca Ongaro, Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin; scrive inoltre l’introduzione all’edizione italiana di [[Asilo|Asylums]] di Erving Goffman e di Ideologia e pratica della psichiatria sociale di Maxwell Jones. Al ritorno dagli Stati Uniti Basaglia decide di rigettare l’incarico a Gorizia in quanto egli intendeva  superare radicalmente il modello inglese, aprire i servizi sul territorio, e chiudere il manicomio, ma la sua proposta non era accolta dalla città. Basaglia successivamente dirige l'[[Ospedale Psichiatrico di Colorno]], in provincia di Parma, dal 1970 al 1971, chiamato da, e in collaborazione con, [[Mario Tommasini]]. Nel 1971 esce La maggioranza deviante. L’ideologia del controllo sociale totale, curato con Franca Ongaro. Anche a Parma tuttavia le difficoltà non mancano, soprattutto a causa dell’amministrazione della Provincia, che, se pure di sinistra, non sostiene Basaglia. Nel 1971 viene chiamato a Trieste dal Presidente della Provincia, il democristiano [[Michele Zanetti]], a dirigere l’Ospedale Psichiatrico con la libertà di compiere tutte le scelte che egli ritenga più opportune. Da subito Zanetti e Basaglia si trovano d’accordo: è proprio a Trieste di conseguenza che Basaglia riuscirà a portare a termine il suo progetto di superare il manicomio aprendo i servizi sul territorio. Basaglia costruisce un’[[Equipe basagliana|équipe]] di giovani collaboratori, spesso inesperti ed alle prime armi, cosa che per lui era un valore, in quanto non omologati alla psichiatria tradizionale.  
  
Basaglia decide di partizionare il [[parco di San Giovanni]] in cinque zone, affidando ciascuna di esse ad un medico, e creando uno schema territoriale che si ricalcherà poi nei [[Centri di Salute Mentale]] all’interno della città. In quegli anni la sua iniziativa dà slancio alle prime [[cooperative sociali]]. La prima a Trieste è la [[CLU]] (Cooperativa Lavoratori Uniti “Franco Basaglia”). Viene fondata nel 1972 da un’idea collettiva e primo presidente ne è lo psicologo di lingua slovena Danilo Sedmak e si occupa fin dalla sua istituzione di servizi di pulizie, legatoria, trasporti, lavanderia, cucina. La CLU è ancora oggi una delle più importanti cooperative sociali presenti sul territorio cittadino. Nello stesso periodo l’eco dei cambiamenti che avvengono a Trieste si diffonde in tutto il mondo e porterà fin dal 1973 Trieste a divenire zona pilota per l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel campo dello studio dei servizi di salute mentale. Nel 1975 Basaglia cura con Franca Ongaro il volume Crimini di pace. Ricerche sugli intellettuali e sui tecnici come custodi di istituzioni violente, e l’introduzione a Lo psicanalismo. Psicoanalisi e potere di [[Robert Castel]]. Lo stesso Basaglia, psichiatra ma anche docente, viene invitato in Europa e Sudamerica a convegni e conferenze. Nel 1977, nel comprensorio dell’ospedale psichiatrico, si svolge il terzo incontro del “[[Réseau internazionale di alternativa alla psichiatria del 1977 a Trieste|Réseau internazionale di alternativa alla psichiatria]]”, intitolato “Il circuito del controllo”, a cui partecipano circa quattromila persone. Nel 1978 viene finalmente promulgata la [[Legge 180]], a lui comunemente attribuita, che impone la progressiva chiusura degli ospedali psichiatrici in Italia, con la creazione di servizi territoriali ad essi alternativi  e la riforma del [[Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO)|Trattamento Sanitario Obbligatorio]]. L’iter difficile della legge viene raccontato nel testo La nave che affonda, lungo dibattito tra Franco e Franca Basaglia, Agostino Pirella e Salvatore Taverna, giornalista che ha attraversato di persona l’esperienza del disagio. Nel 1979 Basaglia affronta due importantissimi viaggi in Brasile, da San Paolo a Belo Horizonte, passando per Rio de Janeiro, e tenendo delle conferenze che verranno poi raccolte nel volume Conferenze brasiliane. Nello stesso anno contribuisce e presenta il libro-inchiesta, curato da Ernesto Venturini, il giardino dei gelsi. Dieci anni di antipsichiatria italiana. Nel novembre dello stesso anno lascia la direzione dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste cominciando a lavorare a Roma per la riforma dei servizi psichiatrici nella Regione Lazio. Poco dopo, nella primavera del 1980, si manifestano i primi segni di un tumore cerebrale che lo condurrà alla morte in pochi mesi. Si spegne il 29 agosto nella sua casa di Venezia. Tra il 1981 e il 1982 escono, a cura di Franca Ongaro, i due volumi dei suoi Scritti. “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia.”
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Basaglia decide di partizionare il [[Parco Culturale di San Giovanni]] in cinque zone, affidando ciascuna di esse ad un medico, e creando uno schema territoriale che si ricalcherà poi nei [[Centri di Salute Mentale]] all’interno della città. In quegli anni la sua iniziativa dà slancio alle prime [[cooperative sociali]]. La prima a Trieste è la [[CLU]] (Cooperativa Lavoratori Uniti “Franco Basaglia”). Viene fondata nel 1972 da un’idea collettiva e primo presidente ne è lo psicologo di lingua slovena Danilo Sedmak e si occupa fin dalla sua istituzione di servizi di pulizie, legatoria, trasporti, lavanderia, cucina. La CLU è ancora oggi una delle più importanti cooperative sociali presenti sul territorio cittadino. Nello stesso periodo l’eco dei cambiamenti che avvengono a Trieste si diffonde in tutto il mondo e porterà fin dal 1973 Trieste a divenire zona pilota per l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel campo dello studio dei servizi di salute mentale. Nel 1975 Basaglia cura con Franca Ongaro il volume Crimini di pace. Ricerche sugli intellettuali e sui tecnici come custodi di istituzioni violente, e l’introduzione a Lo psicanalismo. Psicoanalisi e potere di [[Robert Castel]]. Lo stesso Basaglia, psichiatra ma anche docente, viene invitato in Europa e Sudamerica a convegni e conferenze. Nel 1977, nel comprensorio dell’ospedale psichiatrico, si svolge il terzo incontro del “[[Réseau internazionale di alternativa alla psichiatria del 1977 a Trieste|Réseau internazionale di alternativa alla psichiatria]]”, intitolato “Il circuito del controllo”, a cui partecipano circa quattromila persone. Nel 1978 viene finalmente promulgata la [[Legge 180]], a lui comunemente attribuita, che impone la progressiva chiusura degli ospedali psichiatrici in Italia, con la creazione di servizi territoriali ad essi alternativi  e la riforma del [[Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO)|Trattamento Sanitario Obbligatorio]]. L’iter difficile della legge viene raccontato nel testo La nave che affonda, lungo dibattito tra Franco e Franca Basaglia, Agostino Pirella e Salvatore Taverna, giornalista che ha attraversato di persona l’esperienza del disagio. Nel 1979 Basaglia affronta due importantissimi viaggi in Brasile, da San Paolo a Belo Horizonte, passando per Rio de Janeiro, e tenendo delle conferenze che verranno poi raccolte nel volume Conferenze brasiliane. Nello stesso anno contribuisce e presenta il libro-inchiesta, curato da Ernesto Venturini, il giardino dei gelsi. Dieci anni di antipsichiatria italiana. Nel novembre dello stesso anno lascia la direzione dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste cominciando a lavorare a Roma per la riforma dei servizi psichiatrici nella Regione Lazio. Poco dopo, nella primavera del 1980, si manifestano i primi segni di un tumore cerebrale che lo condurrà alla morte in pochi mesi. Si spegne il 29 agosto nella sua casa di Venezia. Tra il 1981 e il 1982 escono, a cura di Franca Ongaro, i due volumi dei suoi Scritti. “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia.”
  
  

Versione delle 09:26, 5 ott 2022

Franco Basaglia, nato a Venezia nel 1924 da una famiglia della ricca borghesia, si formò alla Facoltà di medicina dell’Università di Padova. A Padova si avvicinò ai gruppi studenteschi antifascisti e, per denuncia di un compagno, fu detenuto per alcuni mesi nelle carceri della Repubblica Sociale Italiana durante la Seconda guerra mondiale. Si specializzò nel 1953 in malattie nervose e mentali presso la clinica neuropsichiatrica della medesima università e nello stesso anno sposò Franca Ongaro, con cui ebbe due figli, Enrico e Alberta. Franca Ongaro è stata tra le protagoniste della produzione teorica e analitica del movimento basagliano.

Il pensiero di Basaglia si caratterizza fin da subito come rivoluzionario per il XX secolo in quanto egli, a differenza degli psichiatri tradizionali, si forma sui testi del cosiddetto movimento fenomenologico-esistenziale, e cioè ad esempio Jean-Paul Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Edmund Husserl e Martin Heidegger, che studiano l’uomo nella sua relazione all'esistenza e non nelle sue funzioni cerebrali e biologico-organiche. Seguendo questo percorso Basaglia rifiuta i trattamenti disumani propri dell’ospedale psichiatrico e l'oggettivazione del paziente per introdurre una nuova lettura umana del malato e dei suoi bisogni. L’impostazione filosofica di Basaglia spingeva il suo docente di riferimento, il direttore della clinica Giovanni Battista Belloni, a soprannominarlo ironicamente “il Filosofo”. Nonostante le critiche Basaglia esercitò la professione accademica dal 1958 al 1961. Tuttavia il mondo accademico di allora era improntato ad una lettura molto tradizionale della scienza psichiatrica e ciò spinse Basaglia al di fuori dell’università.

Nel 1961 Franco Basaglia diviene direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia incontrando una realtà di degrado e violenza che gli ricordava l’esperienza del carcere e che decide di non accettare. Fin dai primi giorni Basaglia rifiuta i protocolli tradizionali del suo incarico di direttore, in particolar modo quelli relativi all’uso della contenzione fisica: celebre è il gesto di non firmare, come per prassi avrebbe invece dovuto fare, l’autenticazione della contenzione dei pazienti, con la frase in dialetto veneziano “mi non firmo”. Basaglia e la sua équipe si impegnano a superare i metodi manicomiali con modi radicalmente più liberi e umani di organizzazione e comunicazione all’interno dell’ospedale psichiatrico. In particolar modo Basaglia è un lettore dello psichiatra scozzese Maxwell Jones e si ispira alla sua esperienza di “comunità terapeutica”. L’impostazione di Basaglia è però molto più radicale in quanto egli non ritiene sufficiente umanizzare l’ospedale psichiatrico, che secondo lui andava del tutto superato. In questo senso il suo obiettivo era restituire i degenti alle proprie famiglie e alla città riconoscendo ad essi i diritti civili e sociali negati dal manicomio.

Nel 1967 cura il volume "Che cos’è la psichiatria?", un resoconto sulla situazione psichiatrica italiana, e l’anno dopo L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, che fa conoscere a livello internazionale l’esperienza di Gorizia diventando un libro simbolo della contestazione in Italia. Nel 1969 si reca negli Stati Uniti, invitato in qualità di visiting professor, per un periodo di sei mesi, dal Community Mental Health Center del Maimonides Hospital di Brooklyn, a New York. In quello stesso anno cura, con Franca Ongaro, Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin; scrive inoltre l’introduzione all’edizione italiana di Asylums di Erving Goffman e di Ideologia e pratica della psichiatria sociale di Maxwell Jones. Al ritorno dagli Stati Uniti Basaglia decide di rigettare l’incarico a Gorizia in quanto egli intendeva superare radicalmente il modello inglese, aprire i servizi sul territorio, e chiudere il manicomio, ma la sua proposta non era accolta dalla città. Basaglia successivamente dirige l'Ospedale Psichiatrico di Colorno, in provincia di Parma, dal 1970 al 1971, chiamato da, e in collaborazione con, Mario Tommasini. Nel 1971 esce La maggioranza deviante. L’ideologia del controllo sociale totale, curato con Franca Ongaro. Anche a Parma tuttavia le difficoltà non mancano, soprattutto a causa dell’amministrazione della Provincia, che, se pure di sinistra, non sostiene Basaglia. Nel 1971 viene chiamato a Trieste dal Presidente della Provincia, il democristiano Michele Zanetti, a dirigere l’Ospedale Psichiatrico con la libertà di compiere tutte le scelte che egli ritenga più opportune. Da subito Zanetti e Basaglia si trovano d’accordo: è proprio a Trieste di conseguenza che Basaglia riuscirà a portare a termine il suo progetto di superare il manicomio aprendo i servizi sul territorio. Basaglia costruisce un’équipe di giovani collaboratori, spesso inesperti ed alle prime armi, cosa che per lui era un valore, in quanto non omologati alla psichiatria tradizionale.

Basaglia decide di partizionare il Parco Culturale di San Giovanni in cinque zone, affidando ciascuna di esse ad un medico, e creando uno schema territoriale che si ricalcherà poi nei Centri di Salute Mentale all’interno della città. In quegli anni la sua iniziativa dà slancio alle prime cooperative sociali. La prima a Trieste è la CLU (Cooperativa Lavoratori Uniti “Franco Basaglia”). Viene fondata nel 1972 da un’idea collettiva e primo presidente ne è lo psicologo di lingua slovena Danilo Sedmak e si occupa fin dalla sua istituzione di servizi di pulizie, legatoria, trasporti, lavanderia, cucina. La CLU è ancora oggi una delle più importanti cooperative sociali presenti sul territorio cittadino. Nello stesso periodo l’eco dei cambiamenti che avvengono a Trieste si diffonde in tutto il mondo e porterà fin dal 1973 Trieste a divenire zona pilota per l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel campo dello studio dei servizi di salute mentale. Nel 1975 Basaglia cura con Franca Ongaro il volume Crimini di pace. Ricerche sugli intellettuali e sui tecnici come custodi di istituzioni violente, e l’introduzione a Lo psicanalismo. Psicoanalisi e potere di Robert Castel. Lo stesso Basaglia, psichiatra ma anche docente, viene invitato in Europa e Sudamerica a convegni e conferenze. Nel 1977, nel comprensorio dell’ospedale psichiatrico, si svolge il terzo incontro del “Réseau internazionale di alternativa alla psichiatria”, intitolato “Il circuito del controllo”, a cui partecipano circa quattromila persone. Nel 1978 viene finalmente promulgata la Legge 180, a lui comunemente attribuita, che impone la progressiva chiusura degli ospedali psichiatrici in Italia, con la creazione di servizi territoriali ad essi alternativi e la riforma del Trattamento Sanitario Obbligatorio. L’iter difficile della legge viene raccontato nel testo La nave che affonda, lungo dibattito tra Franco e Franca Basaglia, Agostino Pirella e Salvatore Taverna, giornalista che ha attraversato di persona l’esperienza del disagio. Nel 1979 Basaglia affronta due importantissimi viaggi in Brasile, da San Paolo a Belo Horizonte, passando per Rio de Janeiro, e tenendo delle conferenze che verranno poi raccolte nel volume Conferenze brasiliane. Nello stesso anno contribuisce e presenta il libro-inchiesta, curato da Ernesto Venturini, il giardino dei gelsi. Dieci anni di antipsichiatria italiana. Nel novembre dello stesso anno lascia la direzione dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste cominciando a lavorare a Roma per la riforma dei servizi psichiatrici nella Regione Lazio. Poco dopo, nella primavera del 1980, si manifestano i primi segni di un tumore cerebrale che lo condurrà alla morte in pochi mesi. Si spegne il 29 agosto nella sua casa di Venezia. Tra il 1981 e il 1982 escono, a cura di Franca Ongaro, i due volumi dei suoi Scritti. “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia.”



Bibliografia Franco Basaglia, Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina Editore, 2000 Mario Colucci, Pierangelo di Vittorio, Franco Basaglia, AlphaBeta edizioni, 2001 Claudio Ernè, Basaglia a Trieste, Cronaca del cambiamento, Stampa alternativa, 2008 Pier Aldo Rovatti, Restituire la soggettività. Lezioni sul pensiero di Franco Basaglia, AlphaBeta edizioni, 2013