Differenze tra le versioni di "Montagna"

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Secondo la nuova organizzazione dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste disegnata da Franco Basaglia, esso venne diviso in cinque zone affidate ciascuna ad un’équipe.
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Secondo la nuova organizzazione dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste disegnata da [[Franco Basaglia]], esso venne diviso in cinque zone affidate ciascuna ad un’équipe.
 
La parte alta del comprensorio (chiamata “La Montagna”) fu affidata a Franco Rotelli. Assieme a lui lavoravano i napoletani Elio Pomella e Nino Perrino e lo psichiatra di origine slovena Paolo Fonda.
 
La parte alta del comprensorio (chiamata “La Montagna”) fu affidata a Franco Rotelli. Assieme a lui lavoravano i napoletani Elio Pomella e Nino Perrino e lo psichiatra di origine slovena Paolo Fonda.
 
Fra gli assistenti sociali vi erano la friulana Daniela SIvilotti e la triestina Alba Venza. Nella “Montagna” lavoravano inoltre molti volontari, europei nei primi anni (spagnoli, tedeschi, francesi), e negli anni più avanti anche extraeuropei (brasiliani e argentini).
 
Fra gli assistenti sociali vi erano la friulana Daniela SIvilotti e la triestina Alba Venza. Nella “Montagna” lavoravano inoltre molti volontari, europei nei primi anni (spagnoli, tedeschi, francesi), e negli anni più avanti anche extraeuropei (brasiliani e argentini).
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Gli infermieri della “Montagna” erano molto numerosi (80-100 circa), ma fortunatamente vi erano poche preoccupazioni circa la pericolosità dei degenti, fra i quali molti erano anziani. Ad ogni modo l’OP, finchè esso era ancora in attività, rappresentava per i Triestini un “fantasma”.
 
Gli infermieri della “Montagna” erano molto numerosi (80-100 circa), ma fortunatamente vi erano poche preoccupazioni circa la pericolosità dei degenti, fra i quali molti erano anziani. Ad ogni modo l’OP, finchè esso era ancora in attività, rappresentava per i Triestini un “fantasma”.
 
Ogni notte circa 10-12 persone venivano consegnate all’accettazione dal Pronto Soccorso.
 
Ogni notte circa 10-12 persone venivano consegnate all’accettazione dal Pronto Soccorso.
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Già nei primi anni della direzione Basaglia vennero avviati progetti, finanziati dall’UE e dall’ENAIP, di reinserimento sociale e reimmissione nel mondo lavorativo. Vennero creati anche i primi gruppi appartamento esterni al manicomio.
 
Già nei primi anni della direzione Basaglia vennero avviati progetti, finanziati dall’UE e dall’ENAIP, di reinserimento sociale e reimmissione nel mondo lavorativo. Vennero creati anche i primi gruppi appartamento esterni al manicomio.
 
L’amministrazione provinciale dotò il personale anche di cinque Volkswagen “Verdine”, quando prima esso si serviva di autobus o automobili private.
 
L’amministrazione provinciale dotò il personale anche di cinque Volkswagen “Verdine”, quando prima esso si serviva di autobus o automobili private.
 
Durante le prime dimissioni vennero subito avviati i programmi per seguire le persone a casa, anche se non tutti gli infermieri erano disponibili. Sono stati proprio i programmi di residenzialità per i lungodegenti a creare le prime difficoltà al programma di Basaglia.
 
Durante le prime dimissioni vennero subito avviati i programmi per seguire le persone a casa, anche se non tutti gli infermieri erano disponibili. Sono stati proprio i programmi di residenzialità per i lungodegenti a creare le prime difficoltà al programma di Basaglia.

Versione delle 08:30, 4 ott 2022

Secondo la nuova organizzazione dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste disegnata da Franco Basaglia, esso venne diviso in cinque zone affidate ciascuna ad un’équipe. La parte alta del comprensorio (chiamata “La Montagna”) fu affidata a Franco Rotelli. Assieme a lui lavoravano i napoletani Elio Pomella e Nino Perrino e lo psichiatra di origine slovena Paolo Fonda. Fra gli assistenti sociali vi erano la friulana Daniela SIvilotti e la triestina Alba Venza. Nella “Montagna” lavoravano inoltre molti volontari, europei nei primi anni (spagnoli, tedeschi, francesi), e negli anni più avanti anche extraeuropei (brasiliani e argentini). Dal Sud Italia arrivò a Trieste anche Carla Prosdocimo. Gli infermieri della “Montagna” erano molto numerosi (80-100 circa), ma fortunatamente vi erano poche preoccupazioni circa la pericolosità dei degenti, fra i quali molti erano anziani. Ad ogni modo l’OP, finchè esso era ancora in attività, rappresentava per i Triestini un “fantasma”. Ogni notte circa 10-12 persone venivano consegnate all’accettazione dal Pronto Soccorso.

Già nei primi anni della direzione Basaglia vennero avviati progetti, finanziati dall’UE e dall’ENAIP, di reinserimento sociale e reimmissione nel mondo lavorativo. Vennero creati anche i primi gruppi appartamento esterni al manicomio. L’amministrazione provinciale dotò il personale anche di cinque Volkswagen “Verdine”, quando prima esso si serviva di autobus o automobili private. Durante le prime dimissioni vennero subito avviati i programmi per seguire le persone a casa, anche se non tutti gli infermieri erano disponibili. Sono stati proprio i programmi di residenzialità per i lungodegenti a creare le prime difficoltà al programma di Basaglia.