Differenze tra le versioni di "Bruno Norcio"

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Bruno Norcio (Catania 1945, Trieste 2017), è stato uno degli psichiatri dell’equipe storica di Franco Basaglia. A 24 anni arrivò dalla Sicilia a Gorizia per partecipare a quella utopia concreta fatta di matti slegati e manicomi aperti. «Quando sono entrato per la prima volta non si distinguevano i pazienti dai medici», raccontò anni dopo ricordando anche le mille difficoltà incontrate a livello politico e istituzionale.
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Bruno Norcio (Catania 1945, Trieste 2017), è stato uno degli psichiatri dell’equipe storica di Franco Basaglia. A 24 anni arrivò dalla Sicilia a Gorizia per partecipare a quella utopia concreta che sosteneva la chiusura dei manicomi. «Quando sono entrato per la prima volta non si distinguevano i pazienti dai medici», raccontò anni dopo ricordando anche le mille difficoltà incontrate a livello politico e istituzionale.
  
Ha partecipato fin dall’inizio allo smantellamento del manicomio di Trieste. Dal racconto di Lorenzo Toresini: «Nel 1973 abbiamo fatto un anno di servizio militare assieme prima di riprendere a tempo pieno il lavoro a San Giovanni al fianco di Basaglia».
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Ha partecipato fin dall’inizio al percorso di smantellamento del manicomio di Trieste. Dal racconto di Lorenzo Toresini: «Nel 1973 abbiamo fatto un anno di servizio militare assieme prima di riprendere a tempo pieno il lavoro a San Giovanni al fianco di Basaglia».
  
Nel fare la riforma basagliana ha lavorato a lungo sul territorio.  
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Nel percorso di riforma ha lavorato a lungo sul territorio, percorrendo lungo l’arco della sua carriera i Centri di salute mentale di Aurisina, di Domio e San Vito e al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Ospedale Maggiore di Trieste. Inoltre ha lavorato a livello internazionale con l’Organizzazione Mondiale della Sanità in diversi Paesi tra cui la Palestina, l’Australia e l’Inghilterra. Per un lungo periodo è stato anche responsabile del Servizio Diagnosi e Cura del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. Nel 2005, assieme a Peppe Dell’Acqua, si recò a Berkeley a raccontare l’esperienza triestina.
  
Ha lavorato al Centro di salute mentale di Aurisina, a quelli di Domio e San Vito e al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Ospedale Maggiore. Inoltre ha lavorato a livello internazionale con l’Organizzazione mondiale della sanità: in Palestina, in Australia, in Inghilterra. Per un lungo periodo è stato anche responsabile del Servizio Diagnosi e Cura del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. Nel 2005, assieme a Peppe Dell’Acqua, andò a Berkeley a raccontare l’esperienza triestina.
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Oltre alle pratiche territoriali, per molto tempo ha collaborato con il Palazzo di Giustizia attraverso un prezioso contributo articolato sulle perizie psichiatriche.
  
Per molto tempo ha collaborato con il Palazzo di giustizia offrendo perizie psichiatriche.
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Tra i lavori di maggior rilievo è presente la sua ricerca storica su “Psichiatria e nazismo” assieme a Toresini. Ricerca che nel 1994 si è trasformata in un libro che racconta l’episodio, a molti sconosciuto, della persecuzione nazista ai danni dei pazienti ebrei rinchiusi nel manicomio di Trieste. Queste persone vennero prelevate il 24 marzo 1944 e deportate alla Risiera di San Sabba.
  
Tra i suoi lavori resta anche la ricerca storica su “Psichiatria e nazismo” assieme a Toresini che è diventato un libro nel 1994. Si racconta la storia sconosciuta della persecuzione nazista ai danni di pazienti ebrei del manicomio di Trieste che furono prelevati il 24 marzo 1944 e portati alla Risiera di San Sabba.
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È stato anche uno dei promotori del progetto di trasformazione del comprensorio di San Giovanni in un parco urbano: «Da luogo istituzionale di segregazione, di fatto impenetrabile e separato dalla città, a luogo sociale di convivenze, di identità plurime, di nuovi servizi per i cittadini, nonché sito naturalistico aperto, attraversabile, tra i più belli di Trieste. Una non impossibile utopia».
 
 
È stato anche in prima fila nel progetto di trasformazione del comprensorio di San Giovanni in un parco urbano: «Da luogo istituzionale di segregazione, di fatto impenetrabile e separato dalla città, a luogo sociale di convivenze, di identità plurime, di nuovi servizi per i cittadini, nonché sito naturalistico aperto, attraversabile, tra i più belli di Trieste. Una non impossibile utopia».
 
  
 
Racconta ancora Lorenzo Toresini: «Era una persona di una serietà straordinaria, di una affidabilità assoluta. E di una grossa capacità di comunicazione anche affettiva. Aveva le qualità importanti di uno psichiatra basagliano e quindi democratico».
 
Racconta ancora Lorenzo Toresini: «Era una persona di una serietà straordinaria, di una affidabilità assoluta. E di una grossa capacità di comunicazione anche affettiva. Aveva le qualità importanti di uno psichiatra basagliano e quindi democratico».

Versione attuale delle 11:04, 23 ott 2023

Bruno Norcio (Catania 1945, Trieste 2017), è stato uno degli psichiatri dell’equipe storica di Franco Basaglia. A 24 anni arrivò dalla Sicilia a Gorizia per partecipare a quella utopia concreta che sosteneva la chiusura dei manicomi. «Quando sono entrato per la prima volta non si distinguevano i pazienti dai medici», raccontò anni dopo ricordando anche le mille difficoltà incontrate a livello politico e istituzionale.

Ha partecipato fin dall’inizio al percorso di smantellamento del manicomio di Trieste. Dal racconto di Lorenzo Toresini: «Nel 1973 abbiamo fatto un anno di servizio militare assieme prima di riprendere a tempo pieno il lavoro a San Giovanni al fianco di Basaglia».

Nel percorso di riforma ha lavorato a lungo sul territorio, percorrendo lungo l’arco della sua carriera i Centri di salute mentale di Aurisina, di Domio e San Vito e al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Ospedale Maggiore di Trieste. Inoltre ha lavorato a livello internazionale con l’Organizzazione Mondiale della Sanità in diversi Paesi tra cui la Palestina, l’Australia e l’Inghilterra. Per un lungo periodo è stato anche responsabile del Servizio Diagnosi e Cura del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. Nel 2005, assieme a Peppe Dell’Acqua, si recò a Berkeley a raccontare l’esperienza triestina.

Oltre alle pratiche territoriali, per molto tempo ha collaborato con il Palazzo di Giustizia attraverso un prezioso contributo articolato sulle perizie psichiatriche.

Tra i lavori di maggior rilievo è presente la sua ricerca storica su “Psichiatria e nazismo” assieme a Toresini. Ricerca che nel 1994 si è trasformata in un libro che racconta l’episodio, a molti sconosciuto, della persecuzione nazista ai danni dei pazienti ebrei rinchiusi nel manicomio di Trieste. Queste persone vennero prelevate il 24 marzo 1944 e deportate alla Risiera di San Sabba.

È stato anche uno dei promotori del progetto di trasformazione del comprensorio di San Giovanni in un parco urbano: «Da luogo istituzionale di segregazione, di fatto impenetrabile e separato dalla città, a luogo sociale di convivenze, di identità plurime, di nuovi servizi per i cittadini, nonché sito naturalistico aperto, attraversabile, tra i più belli di Trieste. Una non impossibile utopia».

Racconta ancora Lorenzo Toresini: «Era una persona di una serietà straordinaria, di una affidabilità assoluta. E di una grossa capacità di comunicazione anche affettiva. Aveva le qualità importanti di uno psichiatra basagliano e quindi democratico».